domenica 20 febbraio 2022

I concetti chiave della ricerca

 Le teorie e le ipotesi

Ci sono due tipi di teorie: una supposizione non basata sulle osservazioni è conosciuta come congettura, mentre se è basata su delle osservazioni è un'ipotesi. La maggior parte delle teorie iniziano come ipotesi, ma molte ipotesi risultano false e non diventano teorie. Una teoria è diversa da un teorema.

Una teoria può essere definita come un insieme di proposizioni organicamente connesse, dotate di un altro livello di astrazione, proposte per spiegare o dare ragione di determinati fatti empirici.

Per ipotesi si intende una supposizione relativa a un fenomeno, o al rapporto che lega due o più fenomeni, di cui si può accertare la correttezza tramite verifica empirica.


Émile Durkheim (1858–1917) ha elaborato una teoria sul suicidio. Sostiene che il rischio di suicidio all’interno di una società è inversamente proporzionale al suo livello di integrazione sociale. Durkheim riporta i risultati di un’analisi secondaria condotta su una serie di statistiche raccolte nei principali paesi d’Europa tra il 1841 ed il 1860. L’indagine che conduce il sociologo francese è di tipo ecologico, dal momento che indaga come il tasso di suicidi varia in aggregati territoriali diversi. Nonostante i pochi strumenti a sua disposizione, Durkheim riesce a gestire una grande mole di dati statistici e a svolgere un tipo di analisi molto dettagliato e sicuramente sofisticato per i suoi tempi.
Detto ciò, la sua teoria si articola in una o più ipotesi specifiche, cioè una supposizione relativa ad un determinato fenomeno o ambito di fenomeni, che si colloca a un livello di astrazione minore della teoria e che è empiricamente controllabile.


Per concludere, si può affermare, che se dovesse mancare il riscontro empirico, l’ipotesi resterebbe una semplice supposizione; per questo la sua formulazione dev’essere tale, da indicare indirettamente le esperienze necessarie da controllarne la plausibilità.

  

Dati empirici e la loro rilevazione

Con il termine ricerca empirica in filosofia e non solo, s'intende un tipo di ricerca che basa le conclusioni sull'osservazione diretta o indiretta dei fatti. Lo studio di questo metodo di ricerca parte sempre da un fenomeno e si sviluppa con una analisi successiva ai fatti.


Dall'osservazione e dall'esperienza il ricercatore infatti trae spunti per confermare o condannare una teoria: questi spunti possono essere precedenti alla sperimentazione (testing), sperimentali o quasi sperimentali. Partendo da essi, lo studioso può comprendere la teoria del ricercatore e individuarne i motivi della sua validità.

L’esperimento differisce profondamente dagli altri metodi di ricerca, perché chi utilizza questa procedura non si limita a registrare delle informazioni acquisite, ma interviene attivamente sulla realtà da indagare. Tuttavia, non è sempre praticabile e non si presta allo stesso modo a tutti gli ambiti disciplinari: il suo impiego è frequente in psicologia sociale; è difficile farne uso in antropologia e sociologia. 

Se il ricercatore opta per una procedura quasi sperimentare e/o non sperimentale, deve decidere quale tecnica di rilevazione dei dati utilizzare:

  • Osservazione (observation):

o   Ricerca in base all'esperienza

o   Individuazione degli spunti

o   Formulazione della teoria (hypotesis)

  • Induzione (induction):

o   Continua la formazione della teoria

  • Deduzione (deduction):

o   Deduzione delle conseguenze della teoria prima del test

  • Test (testing):

o   Testazione della validità della teoria

  • Valutazione (evalutation):

o   Conclusioni - nuovi spunti/nuova teoria.

 


I caratteri e gli indicatori della ricerca


Vengono chiamate caratteri le proprietà dei dati di un evento di rilevazione che interessano al ricercatore, capaci di assumere diverse modalità, stati o valori, in soggetti e situazioni differenti.

Si distinguono due tipi di caratteri: caratteri quantitativi e qualitativi.

La ricerca quantitativa e quella qualitativa rappresentano due metodi complementari, da poter associare nelle indagini per ottenere risultati che siano al contempo capillari e approfonditi.

 

In parole semplici, i dati quantitativi forniscono le cifre che dimostrano i punti generali complessivi della ricerca, mentre i dati qualitativi forniscono i dettagli e gli approfondimenti necessari per capirne a pieno le relative implicazioni.

Per essere più chiari definiamo che:


  • I dati quantitativi servono a raccogliere i fatti nudi e crudi, le cifre. Si tratta di dati statistici e strutturati, che sono di supporto per trarre dalle ricerche conclusioni di carattere generale.
  • I dati qualitativi raccolgono quelle informazioni che tentano di descrivere un argomento più che misurarlo: si tratta di impressioni, opinioni e punti di vista. Un'indagine qualitativa è meno strutturata e mira ad andare a fondo nell'argomento in questione per raccogliere informazioni relative alle motivazioni, al pensiero e agli atteggiamenti delle persone. Tutto questo da una parte fornisce una comprensione profonda delle domande della ricerca, ma dall'altra rende più difficile analizzare i risultati.

Come ottenere dati qualitativi?

  • Interviste. Conversazioni faccia a faccia che approfondiscono l'argomento in questione.
  • Casi di studio. Raccolte di storie dei clienti da interviste approfondite.
  • Opinioni degli esperti. Informazioni di alta qualità provenienti da fonti ben informate.
  •  Discussioni di gruppo. Conversazioni di persona oppure on-line con piccoli gruppi di persone, finalizzate ad ascoltare le loro opinioni su un prodotto o un argomento.
  • Domande d'indagine aperte. Una casella di testo all'interno di un'indagine che permette al rispondente di esprimere liberamente le proprie opinioni sull'argomento in questione.
  • Ricerca basata sull'osservazione. Osservazione delle persone durante la loro routine abituale, per capire, per esempio, in che modo interagiscono con un prodotto.

Le domande qualitative possono incorrere nel rischio di essere troppo vaghe e richiedono un tempo di risposta più lungo. Allo stesso tempo le domande quantitative sono semplicemente più quantificabili.


I dati/caratteri quantitativi a loro volta si suddividono in discreti (o discontinui) e continui

I primi appartengono all’insieme N dei numeri naturali, e in pertanto tra due valori successivi non può darsi un valore intermedio (1; 2; 3; 4); i secondi appartengono all’insieme R dei numeri reali e in cui pertanto tra due valori successivi può darsi un valore intermedio (1; 1,25; 3/2; 1,75).

 

I dati/caratteri qualitativi anch’essi si suddividono in ordinabili e non ordinabili:

Per i primi le modalità possono essere disposte in un ordine gerarchico (titolo di studio); per i secondi, invece, le caratteristiche non possono in un ordinamento gerarchico, cioè non esiste tale ordine (nazionalità e stato civile).

 

Spesso, però, lo studioso ha a che fare con realtà immateriali: tratti psichici e comportamentali. In questi casi è necessario che il carattere che si intende rilevare sia definito in modo concreto e puntuale attraverso dei “dati spia”, chiamati indicatori.

Per essere più chiari gli indicatori vengono considerati fenomeni concreti e visibili che, a giudizio del ricercatore, costituiscono la manifestazione empirica di un carattere e che egli decide per tanto di rilevare.



Strumenti statistici
 
Possiamo definire la statistica come la scienza dei fenomeni collettivi.
I metodi statistici, infatti, trovano applicazione ovunque occorra investigare fenomeni di massa che possano essere in qualche modo quantificati e che siano caratterizzati da variabilità.
La statistica definisce le procedure per misurare e rappresentare i fenomeni collettivi e studia i metodi per stimare i valori caratteristici di una popolazione a partire da un campione.
 
L’operazione di tradurre in numeri l’oggetto della propria ricerca può essere compiuta in più contesti ed a diversi livelli. Quest’operazione viene chiamata misurazione di frequenza. Viene suddivisa in frequenza assoluta e relativa.

Le frequenze assolute si calcolano semplicemente contando quante volte si presenta una certa modalità. Le frequenze assolute si indicano in genere con ni dove la i in basso è un indice che sta ad indicare la generica modalità ovvero la i-esima modalità.
Le frequenze relative sono invece calcolate dividendo ogni frequenza assoluta per il numero totale di osservazioni. In sostanza fatto un intero la totalità delle osservazioni (nell’esempio le venti osservazioni diventano l’intero) si va a vedere che parte di questo intero si prende ciascuna modalità.
Il complesso delle diverse modalità e delle rispettive frequenze è detto “distribuzione di frequenze” o “distribuzione statistica”.

Possiamo quindi definire quest’ultima aggregazione di dati statistici che riporta diverse modalità e le rispettive frequenze con cui un determinato carattere si manifesta ad esempio in una popolazione.
Essa può essere rappresentata simbolicamente con figure, le caratteristiche di un fenomeno, utilizzando a tal fine enti geometrici (punti, linee) o altri simboli, tabelle e/o grafici.



La validità della ricerca

 

La validità di una ricerca ci permette di valutare se quello che è stato trovato nella ricerca rispecchia effettivamente il fenomeno studiato, oppure dipende da variabili di disturbo; la validità di una ricerca ci dice se i risultati aggiungono qualcosa alla teoria di riferimento e consentono un utile modello interpretativo; la validità di una ricerca ci dice se le deduzioni tratte dai dati sono estensibili ad altri contesti; infine ci dice se la relazione trovata tra le variabili dipende dalla loro reciproca influenza, oppure se dipende dal caso. Bisogna distinguere tra validità interna e validità esterna.


La validità interna:

Si tratta del grado con cui in una ricerca i risultati trovati

rispecchiano effettivamente la relazione tra le variabili oggetto dello studio e non dipendono da altre variabili non considerate.


La validità esterna:

La possibilità di generalizzare i risultati di una ricerca in altri ambiti rispetto a quelli del campione su cui sono stati raccolti i dati.

  • Estensione dei risultati dal campione alla popolazione.
  • Estensione dei risultati a condizioni non sovrapponibili a quelle in cui la ricerca è stata condotta.
  • Stabilità temporale dei risultati
  • Difficoltà connesse con l’uso di strumenti self-report.



 

Per fissare i concetti:


Che differenza c’è tra “teoria” e “ipotesi”?

  • La teoria è un quadro generale di concetti e principi, tra loro collegati, elaborati per spiegare un certo fenomeno o una certa classe di fenomeni. 
  • L’ipotesi è una supposizione relativa ad un fenomeno, o al rapporto che lega due o più fenomeni di cui si può accertare la correttezza tramite verifica empirica.

Perché l’esperimento si distingue da tutte le altre tecniche di acquisizione dei dati?

  • Perché chi ne fa uso non si limita a registrare delle informazioni acquisite con tecniche particolari, ma interviene direttamente sulle realtà da indagare, modificando alcune condizioni e rilevando poi gli effetti di tale cambiamento.

Quali sono le principali procedure non sperimentali?

  • Le principali procedure non sperimentali sono l’osservazione, questionari, interviste e test.

Che cosa sono i caratteri e come si possono classificare?

  • I caratteri sono proprietà di un evento di rilevazione e capaci di assumere diverse modalità (stati, valori) in soggetti e situazioni differenti. Si possono classificare in caratteri quantitativi e qualitativi.

Perché è importante la definizione degli indicatori?

  • La definizione degli indicatori è importante perché sono considerati fenomeni concreti e visibili che costituiscono la manifestazione empirica di un carattere.

Che cos’è una distribuzione statistica e come può essere rappresentata?

  • Il complesso delle diverse modalità e delle rispettive frequenze con cui un determinato carattere si manifesta in una popolazione e viene rappresentata simbolicamente con figure, le caratteristiche di un fenomeno, utilizzando a tal fine enti geometrici (punti, linee) o altri simboli, tabelle e/o grafici.

Che differenza c’è tra validità interna e validità esterna di una ricerca?

  • Si parla di validità interna quando le conclusioni di una ricerca sono valide almeno all’interno dell’ambito in cui è stata condotta. Si parla, invece, di validità esterna quando i risultati di una ricerca si possono estendere a situazioni diverse da quella in cui è stata condotta.

La ricerca nelle scienze umane

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Il senso comune tende a farsi un’idea semplificata della ricerca scientifica. L’opinione comune tende a credere che l’attività di ricerca consista in una “raccolta” di informazioni che la realtà elargisce spontaneamente.

A questa concezione il senso comune ne accosta un’altra: raccogliere i dati che si offrono alla nostra osservazione ne consegue che ognuno si sente autorizzato a essere competente in merito.

 

Il paradigma positivista

Nel XIX secolo il Positivismo, inaugurato da Auguste Comte (1798–17857), filosofo francese e padre della sociologia. Teorizzò un’idea del metodo scientifico molto semplice: lo scienziato sottopone a osservazione il fenomeno e individua tra essi le relazioni costanti e infine formula una legge, cioè una relazione che lega tali fenomeni in modo necessario.

Che cos'è la ricerca esplorativa?A fondamento del modello positivista stava la fiducia nel processo di induzione. Locke cita: La mente è come un foglio bianco su cui solo l’esperienza può scrivere dei caratteri. La concezione positivista suscitò opposizioni e perplessità in quanto affianca le scienze naturali alle scienze naturali attraverso il metodo empirico, come precisato dai filosofi Wilhelm Dilthey (1833–1911) e Wilhelm Windelband (1848–1915). 

 

La ricerca secondo l’epistemologia novecentesca

L’epistemologia è una branca della filosofia che s’interroga sulla natura e sui fondamenti del sapere scientifico. È stata nominata dalla discussione critica del modello scientifico positivista, di cui ha messo in luce i nodi critici.

La filosofia della scienza del Novecento, all’interno della quale spiccano figure come quelle di Karl Popper (1902–1994), Thomas Kuhn (1922–1996), Paul Feyerabend (1924–1994), ha messo in discussione proprio i due assunti chiave su cui il positivismo aveva costruito la sua nozione di ricerca scientifica.

In primo luogo, la debolezza del principio di induzione: dall’esperienza di casi particolari per quanto numerosi, non è possibile ricavare una conoscenza certa di carattere universale, giacché molte conferme non sono sufficienti a garantire la bontà di un’affermazione generale, mentre una sola smentita è in grado di invalidarla.

Thomas Kuhn tra rivoluzione e normalità nella filosofia della scienzaIn secondo luogo, l’epistemologia novecentesca ha rifiutato l’idea che la ricerca possa iniziare dalla paura e semplice osservazione dei dati: quest’ultima, in realtà, presuppone sempre un qualche elemento teorico, che orienti l’interesse del ricercatore e guidi la sua stessa osservazione, selezionando e organizzando i dati percettivi.

Se la teoria guida l’osservazione dei fatti, dall’altra i fatti osservati producono effetti importanti sulla teoria stessa, costringendo spesso il ricercatore a modificarla per adeguarla alle nuove scoperte.

Per Popper, infatti, la metafisica può essere considerata vera, al contrario di ciò che afferma il positivismo. Ciò non significa che un'idea una volta trovata non debba essere provata; qui interviene il criterio di falsificazione che afferma che una teoria è scientifica nella misura in cui può essere smentita.

 

 

 

Quale idea della ricerca ha il senso comune?

-       L’opinione comune tende a credere che l’attività di ricerca consista in una “raccolta” di informazioni che la realtà elargisce spontaneamente.

A questa concezione il senso comune ne accosta un’altra: raccogliere i dati che si offrono alla nostra osservazione ne consegue che ognuno si sente autorizzato a essere competente in merito.

 

Quali sono i presupposti del modello positivista della ricerca scientifica?

-       A fondamento del modello positivista stava la fiducia nel processo di induzione. Locke cita: La mente è come un foglio bianco su cui solo l’esperienza può scrivere dei caratteri.

 

In che senso l’epistemologia ha “smontato” il principio di induzione?

-       In primo luogo, la debolezza del principio di induzione: dall’esperienza di casi particolari per quanto numerosi, non è possibile ricavare una conoscenza certa di carattere universale, giacché molte conferme non sono sufficienti a garantire la bontà di un’affermazione generale, mentre una sola smentita è in grado di invalidarla.

-       In secondo luogo, l’epistemologia novecentesca ha rifiutato l’idea che la ricerca possa iniziare dalla paura e semplice osservazione dei dati: quest’ultima, in realtà, presuppone sempre un qualche elemento teorico, che orienti l’interesse del ricercatore e guidi la sua stessa osservazione, selezionando e organizzando i dati percettivi.

 

Che cosa sostiene il falsificazionismo di Popper?

-       Per Popper, infatti, la metafisica può essere considerata vera, al contrario di ciò che afferma il positivismo. Ciò non significa che un'idea una volta trovata non debba essere provata; qui interviene il criterio di falsificazione che afferma che una teoria è scientifica nella misura in cui può essere smentita.

Stato moderno

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