martedì 25 gennaio 2022

Dall’uguaglianza alla differenza

 Pag. 556

Il valore dell’uguaglianza

Scaturito dalle riflessioni degli illuministi, il valore dell’uguaglianza è invocato con particolare passione nelle battaglie della borghesia rivoluzionaria, in opposizione ai privilegi di classe della nobiltà e del clero.

Da lì poi è confluito nelle costituzioni dei moderni Stati liberali, l’idea di uguaglianza è stata impugnata per combattere le discriminazioni attuate a danno dei soggetti sociali più deboli.

L’uguaglianza può essere intesa in due modi principali:

-       L’uguaglianza formale (= Prerogativa originaria da tutelare)

-       L’uguaglianza sostanziale (= condizione da promuovere concretamente)

L'uguaglianza formale, a norma del primo comma dell'art. 3 Cost., “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali".

Lo Stato realizza l’uguaglianza sostanziale tra i cittadini, nel modo che, ad esempio, tutti hanno il diritto di conseguire la laurea (uguaglianza formale), ma se un ragazzo si trova in una famiglia povera non può proseguire gli studi; lo Stato deve intervenire (con una borsa di studio) per rimuovere questo ostacolo, in modo da rendere sostanziale l'uguaglianza fra i cittadini.

 

Il valore della diversità

Se è vero che i cittadini sono tutti uguali dal punto di vista di ciò che lo Stato richiede e offre a loro, è anche vero che sono diverse le loro esigenze, e quindi le loro richieste nei confronti dello Stato stesso.

Il primo ambito in cui emerse questa “diversità” è quello della professione di fede. Si avvertì l’esigenza di tutelare la varietà delle confessioni e delle forme di culto, anche di quelle socialmente minoritarie.

La tolleranza, teorizzata da diversi intellettuali, tra questi John Locke (1632 – 1706) nel “Saggio sulla tolleranza” (1667) e nella “Lettera sulla tolleranza” (1689). Affermò che, nel disciplinare la vita sociale, la legge dello Stato deve arrestarsi di fronte a quelle sfere di pensiero e di attività in cui ogni persona può far valere le proprie preferenze e convinzioni: tali sono le decisioni della vita privata, ma anche le opinioni filosofiche e le pratiche religiose.

Il filosofo Voltaire (1694 – 1778) nel “Trattato sulla tolleranza” (1763) esorcizzò l’intolleranza come uno dei peggiori mali sociali, invitando a convivere in spirito di fraternità.

Tale diversità, anziché essere un fattore negativo o perturbante, poteva trasformarsi in strumento di confronto e di crescita.

 

Il Novecento: relativismo e movimenti sociali

Nel corso del XX secolo, è stata conferita all’idea di “diversità” una forza sempre maggiore:

-       La consapevolezza (relativismo) ha suggerito che la pluralità delle interpretazioni e dei linguaggi a cui la filosofia e la scienza si affidano è una caratteristica ineludibile di ogni rapporto dell’uomo con il mondo

-       Lo sviluppo delle scienze sociali ha reso coscienti di come la stessa realtà quotidiana sia il prodotto di costruzioni e pratiche simboliche che variano sensibilmente a seconda del contesto socioculturale in cui si vive

Il movimento femminista, nato con l’intento di emancipare le donne da uno stato di subordinazione giuridica e sociale, in un secondo momento è giunto a sottolineare positivamente e con forza la specificità della realtà femminile e ad additare nell’universo simbolico che caratterizza le donne un’alternativa all’ideologia patriarcale del mondo occidentale.

 

Il caso degli afroamericani

Nel movimento dei neri americani, nella sua lotta contro la discriminazione l’obiettivo di questo movimento era la conquista dei diritti civili. Il suo orizzonte teorico era perciò l’ideale dell’uguaglianza, come emerge dal suggestivo discorso “I have a dream” tenuto il 28 agosto 1963 da Martin Luther King (1929 – 1968).

Nel movimento dei neri americani maturò una nuova consapevolezza, ossia la necessità di combattere la discriminazione e il pregiudizio con strumenti socialmente dominanti e di recuperare quindi una propria identità etnica e culturale, sul piano linguistico come su quello delle tradizioni, delle usanze, delle pratiche sociali.

Racconta dei disperati sforzi da lui compiuti da ragazzino per rendere i propri cappelli simili a quelli dei coetanei bianchi, a tal punto da rifiutare perfino il proprio aspetto fisico.

Le ansie riflettevano probabilmente un atteggiamento che rimase a lungo diffuso in buona parte della popolazione afroamericana. Alcuni studi compiuti dallo statunitense Kenneth Clark (1914 – 2005) su un gruppo di bambini di colore. Ai bimbi venivano presentati diversi tipi di bambole, alcune bianche, altre nere. La maggior parte dei bambini preferiva giocare con le bambole bianche, ritenendole più belle.

 

 

 

Com’è stato letto il valore dell’uguaglianza nel corso della storia?

-       Il valore dell’uguaglianza è invocato con particolare passione nelle battaglie della borghesia rivoluzionaria, in opposizione ai privilegi di classe della nobiltà e del clero.

 

Quando la diversità comincia a diventare un valore e perché?

-       Si avvertì l’esigenza di tutelare la varietà delle confessioni e delle forme di culto, anche di quelle socialmente minoritarie.

 

In che modo i movimenti sociali del Novecento contribuiscono a connotare l’idea di diversità?

-       Il movimento femminista, nato con l’intento di emancipare le donne da uno stato di subordinazione giuridica e sociale, in un secondo momento è giunto a sottolineare positivamente e con forza la specificità della realtà femminile e ad additare nell’universo simbolico che caratterizza le donne un’alternativa all’ideologia patriarcale del mondo occidentale.

-       Nel movimento dei neri americani, nella sua lotta contro la discriminazione l’obiettivo di questo movimento era la conquista dei diritti civili. Il suo orizzonte teorico era perciò l’ideale dell’uguaglianza, come emerge dal suggestivo discorso “I have a dream” tenuto il 28 agosto 1963 da Martin Luther King.

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