venerdì 24 settembre 2021

Progetto migrazione (15.09.2021)


Helen si trova nella sabbia, circondata dal freddo deserto. Il caldo mantello della notte avvolgeva il piccolo gruppo di persone abbandonate.

La promessa di non mettersi in pericolo sarà difficile da mantenere in quel tortuoso viaggio.

“Respira piano, non avere paura, non consumare energie”. L’attesa infinita logorava il gruppo. Le speranze, le suppliche, le preghiere accomunano tutti i presenti. Sono stati tre giorni di abbandono nel deserto, senza provviste, lasciati indietro con la mera speranza di resistere per pochi giorni. Dopo tre giorni, torna una Mercedes a recuperarli. Finalmente il viaggio continua fino a quando Helen viene risvegliata da una fresca brezza salmastra. Il Sahara appare in una contrapposizione assurda con il mare. Da una parte il deserto arido, la morte secca. 

Dall’altra il mare, altrettanto vasto e mortale, un deserto d’acqua che procura la stessa sete e disperazione. Le creste delle dune desertiche fanno concorrenza alla schiuma delle onde più alte. Il deserto, un mare di sabbia, una sofferenza che finirà solo per dare inizio a lunghe permanenze in carcere o baracche e infine un ultimo viaggio disperato, drammatico, mortale nel Mediterraneo. I vestiti pieni di sabbia ricordano il viaggio che ormai era dietro di loro. In vista del mare sembra di vedere già il futuro sull’altra sponda. Il pensiero del domani, di andare avanti o di tornare a casa un giorno. Il pensiero di finire in carcere, di una doccia calda, di dover ripetere quel drammatico viaggio, di farsi una dormita in un letto morbido ed accogliente. L’Europa. Un posto idilliaco in confronto a quell’“inferno”, quel luogo infern





ale, che, se definito così, potrà porre fine a tutto in un attimo. L’Europa, le strade, le cattedrali, le torri e le cupole, i battelli nei fiumi, le università, la libertà. L’illusione di gustarsi un gelato in quel deserto addolcisce le paure del viaggio.

L’acqua assume un significato duplice e contradditorio. L’acqua che dà la vita, l’acqua che te la toglie; l’acqua di cui le onde ti porteranno all’altra parte, in un senso e nell’altro. Le possibilità di sopravvivere si scontrano con le possibilità di poter addirittura partire. L’altra parte si distingue in fine o continuo. Morte o futuro. Indietro non si torna. Tornare indietro equivale alla morte. Si va avanti. Se si resiste si va avanti.

E un giorno qualcuno ti porterà dall’altra parte. Che sia la fine o l’Europa. Perché l’Europa è la reincarnazione del futuro. I migranti, ammassati sopra ad un mucchio di sacchi, con i lividi delle fruste sulla pelle, la stanchezza negli occhi, la speranza e la disperazione nell’animo, la depredazione e lo sfruttamento da parte dei trafficanti. I migranti che hanno vissuto come merce, come bestiame, viaggiando su mezzi barcollanti, pericolosi, senza la possibilità di tenersi ai ferri incandescenti delle jeep sotto il sole. L’idea di individuo va perso, la giustizia e uguaglianza sono solo una speranza per il futuro. L’ambizione di urlare al mondo i terrori che vivono i migranti per denunciare i trafficanti è parte del viaggio. L’Europa, quel posto meravoglioso, dove tutti sono liberi, vivi, felici.

Di fronte a Helen il mare. Quel mare che da speranza, sogni, preziosi attimi di gioia. Quando era salita sul furgone ha conosciuto un uomo che l’avrebbe protetta. Benjamin, quell’uomo che anche di fronte alle difficoltà le starà vicino. E le è stato vicino fino adesso, che guardano l’infinità del mare. Le è stato vicino alla frontiera. Le strategie di sopravvivenza che le ha insegnato permettono ad entrambi di sognare l’Italia, l’Olanda, la Germania, il Belgio, la Norvegia, la Svizzera. L’idea di nascondersi di fronte ai turisti, facendo finta di essere nomadi, la perdita della propria identità anche se per pochi attimi rappresenta il sacrificio in vista del futuro. La condivisione di una birra con gli stessi turisti da cui si celavano fa assaporare per la prima volta dopo molto l’idea di serenità, gioia, speranza concreta.

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