venerdì 1 ottobre 2021

La meglio gioventù

Trama:

La meglio gioventù è un film del 2003, diretto da Marco Tullio Giordana. Racconta trentasette anni di storia italiana, dall'estate del 1966 fino alla primavera del 2003, attraverso le vicende di una famiglia della piccola borghesia romana.

La meglio gioventù è una saga familiare che si dipana dall'Italia del 1966 a quella
del 2003. La pellicola narra la storia di una famiglia di Roma, i Carati, concentrandosi principalmente sulle figure dei due fratelli Matteo e Nicola. In essa vengono documentate pressoché tutte le fasi della loro vita, dal loro viaggio nel fiore della loro giovinezza, negli anni della contestazione e della controcultura, agli anni della maturità nel 2000. Fra i temi centrali del film vi sono l'interazione fra la sfera personale e quella politica, l'analisi storica dei periodi considerati ed il tema del bivio (si sottolinea come anche i piccoli eventi della vita possano diventare punti di svolta per scelte più importanti nel futuro, nelle sue certezze ed ucronie).

 

Analisi:

La meglio gioventù narra la storia di due fratelli, Nicola e Matteo, dal 1966 ad oggi. I due fratelli sono molto uniti, ma l'incontro con Giorgia, una ragazza con problemi psichiatrici, dividerà la loro vita in comune facendoli incontrare solo di tanto in tanto nel corso della loro successiva vita. Nicola, dopo un lungo soggiorno in Norvegia, torna in Italia e diventa psichiatra; Matteo invece abbandona gli studi e diventa poliziotto. La loro vita procede tra luci ed ombre (amori, nuovi incontri tra loro, ma anche il fantasma del terrorismo rosso e di alcuni problemi esistenzialistici). Il film allarga, in più momenti, il discorso anche agli altri famigliari: i genitori, Angelo e Adriana e le sorelle Giovanna (destinata a diventare magistrato in Sicilia) e Francesca (che si sposerà con Carlo, il migliore amico di Nicola).

    Il film, che forse vedremo in autunno anche in tv, è un denso melodramma che utilizza la Storia soprattutto come uno sfondo utile a ben collocare l’azione privata dei vari personaggi e, a volte, come alimento per i loro drammi personali. I personaggi sono costruiti abbastanza bene e questo vale soprattutto per le figure più "estreme" e problematiche. Giorgia, Giulia (la moglie terrorista di Nicola), e soprattutto Matteo. Talvolta le ragioni dei loro comportamenti non sono del tutto chiare e l’esito che le loro azioni o le loro idee hanno all’interno del film non hanno una netta spiegazione, tuttavia direi che ciò non sia una pecca.

    Questo tipo di costruzione narrativa e psicologica rientra infatti perfettamente nell’intimità tormentata e solo parzialmente perscrutabile di queste figure. Al di fuori di questa cerchia, spicca soprattutto il Nicola di Luigi Lo Cascio, personaggio normale e giudizioso, gentile e inattaccabile dalle false ideologie, ma anche l'elemento equilibratore dell'intera vicenda, l'unico vero filo conduttore di tutto il film.

    Marco Tullio Giordana segue le loro vicende con una regia regolare e sobria, seppure di tanto in tanto con tendenze stilistiche che divengono un po’ manierate e a volte superflue. Un esempio è fornito dal modo in cui giunge a certi primi piani carrellando dai piedi alla faccia. Questo modo di girare diventa a volta un’eccessiva quanto inutile esibizione. Ciò s’evidenzia soprattutto in una scena in cui Matteo è ripreso in primo piano di spalle: quando lui si sposta, la MdP fa una panoramica verso il basso fino ai piedi e poi risale fino al volto ora rivolto verso gli spettatori, impedendo però a chi guarda di seguire con regolarità un’azione semplicissima la quale, in tal modo, risulta stranamente spezzata.

    La storia narrata dal film ha molti punti d’interesse nella prima parte, che è sicuramente la più riuscita, ma tende a debordare verso soluzioni banali nella seconda. In special modo nel finale positivo della storia. E questo non perché il corso drammatico degli eventi non possa aver un lieto fine, ma semmai perché l’impalcatura del melodramma si trasforma in soap opera televisiva al quanto banalotta, in particolare nella scena in cui Nicola e una ragazza, con la quale suo fratello aveva avuto una relazione, passeggiano silenziosamente in campagna poco prima di scambiarsi un bacio appassionato. A parte il fatto che sin dal primo incontro tra i due la recitazione degli attori fa supporre che questui personaggi erano destinati al reciproco innamoramento, in questa particolare scena accade una fatto, che non sto a svelarvi, ma che è degno del peggior romanzo d’appendice, e che è di una stucchevolezza indegna di due sceneggiatori come Rulli e Petraglia e del regista de I cento passi.

    Un’altra pecca, che finisce con lo sminuire la bravura degli attori, è la pressoché ingiustificata assenza del trucco. Tutti i personaggi dai 20 ai 60 anni sempre la stessa faccia. L’unica cosa che cambia sono i capelli che s’ingrigiscono, ma ritenere che il volto di Lo Cascio sia sempre uguale lungo un arco di tempo di quasi quarant’anni è francamente molto poco credibile.

In conclusione La meglio gioventù è un film di ampio respiro, che comincia e procede molto bene, ma purtroppo poi scivola verso un finale sbagliatissimo e molto superficiale che fa rimpiangere gran parte di ciò che il film ha precedentemente offerto.


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