La professione dell’antropologo comprende molte tematiche: l’osservazione delle malattie, l’analisi dei sistemi di parentela, la decifrazione di antiche scritture, la comparazione di miti e leggende, lo studio di scheletri di ominidi, l’interpretazione della magia e della stregoneria. L’antropologo fa propri gli interessi di tutte le altre scienze dell’uomo, riservando per sé una quota maggiore di libertà e coraggio.
Il lavoro dell’antropologo si basa su un lavoro etnografico sul terreno che costituisce la specificità operativa dell’antropologia. Nessun’altra disciplina contempla una presenza così durevole e costante del ricercatore sul campo a contatto con i nativi, su cui lo studio condivide la vita quotidiana e la mentalità. Le indagini di sociologia e psicologia sociale sono mediamente più rapide di un’indagine antropologica.
L’importanza del lavoro sul campo si connette direttamente al contesto: per gli antropologi gli elementi di una cultura possono essere adeguatamente compresi e correttamente valutati soltanto se vengono situati nel loro contest di appartenenza. Ne erano consapevoli già gli autori classici, in particolare Malinowski (1884 – 1942), che riteneva indispensabile afferrare il punto di vista dell’indigeno, per rendersi conto della sua visione del suo mondo.
La ricerca sul campo
La ricerca antropologica di solito comprende:
- Una prima fase empirica e osservativa di lavoro sul campo
- Una fase di interpretazione dei dati raccolti
- Un’ultima fase di redazione di una monografia o di un articolo scientifico.
Nel corso dell’indagine sul campo l’antropologo utilizza metodi di tipo osservativo.
L’osservazione può essere:
- Semplice:
L’antropologo utilizza i propri sensi senza ricorrere agli strumenti
- Attrezzata:
L’antropologo si serve di una strumentazione che può comprendere macchina fotografica, videocamera, registratore vocale, strumenti di misura e rilevazione.
- Esterna:
Il ricercatore si pone all’esterno o ai margini della popolazione studiata e si lascia avvicinare gradualmente dai suoi membri
- Interna o partecipante:
Il ricercatore condivide la vita della popolazione studiata, cerca di entrare nella mentalità dei suoi membri e di assumere il loro punto di vista. L’osservazione partecipante ha un carattere “artigianale” e richiede doti particolari di immaginazione, intuizione e capacità di relazionarsi con gli altri.
L’indagine antropologica può svolgersi in molti scenari diversi: in un villaggio amazzonico, nella regione artica, nelle periferie. Non conta la distanza geografica, ma la distanza culturale tra l’osservatore e la realtà studiata. L’antropologo dovrebbe provare un senso di estraneità e di spaesamento simile a quello che proverebbe al primo contato con popolazioni di altri continenti.
L’antropologo deve adottare quello che è chiamato sguardo da lontano, con cui si allude al distanziamento psicologico che consente all’antropologo di cogliere il senso unitario e le connessioni interne della cultura presa in esame, mantenendo uno sguardo distaccato e obiettivo.
Il metodo di ricerca più diffuso tra gli antropologi è l’osservazione partecipante, che prevede un’immersione dello studioso nella società presa in esame. Essa fu codificata e proposta come metodo scientifico dall’antropologo britannico Bronislaw Malinowski.
Malinowski alle Trobriand: un modello di ricerca
Durante la Prima guerra mondiale Malinowski soggiornò a più riprese nelle isole Trobriand in Nuova Guinea, abitato de una popolazione di papuo-melanesiani.
La prima spedizione durò 7 mesi, la seconda e la terza 12 mesi ciascuna. Malinowski imparò la lingua locale e si dedicò all’osservazione della vita sociale degli indigeni in tutti i suoi aspetti. Nasce un’opera incentrata sulla descrizione del kula, un sistema di scambi circolari assai esteso tra isole e alcune località della terraferma. Nel kula erano scambiati collane e bracciali privi di utilità pratica, secondo regole di
reciprocità, in quanto questo rituale non è primariamente un’attività economica, ma un’istituzione sociale, per mantenere rapporti e obblighi reciproci tra persone di società diverse.
Le caratteristiche del lavoro sul campo
Si avverte l’impegno da Malinowski per distinguere l’antropologo da missionari, mercanti, funzionari governativi. Nessun fisico o chimico, scrive Malinowski, si sognerebbe di condurre una ricerca senza fornire un resoconto dettagliato dei metodi seguiti, degli strumenti adoperati e delle condizioni in cui sono state condotte le osservazioni. Allo stesso modo, è opportuno che gli antropologi rendano esplicite le loro procedure e chiariscano le finalità delle loro ricerche. L’antropologo si deve avvicinare agli indigeni con il massimo rispetto per le loro usanze.
I principi metodologici dell’etnologia possono essere riuniti in 3 categorie principali:
1. Lo studioso deve avere un obiettivo scientifico ben preciso;
2. Deve individuare condizioni appropriate per il proprio lavoro;
3. Deve applicare metodi adeguati di raccolta, elaborazione e sintesi dei dati.
L’obiettivo scientifico a cui fa riferimento Malinowski è l’analisi dell’organizzazione sociale degli indigeni; la condizione più appropriata è la vita a stretto contatto con gli indigeni.
Sui colloqui con gli informatori, che sono il secondo metodo di raccolta delle informazioni dopo l’osservazione diretta, Malinowski fa due raccomandazioni: imparare la lingua locale e adeguare le domande alla mentalità degli indigeni.
Durante i suoi soggiorni alle Trobriand, l’antropologo studiò vari aspetti della vita sociale degli isolani osservando direttamente e servendosi della collaborazione di informatori. Gli informatori sono persone molto importanti per la riuscita di un’indagine etnografica. È il governo locale a offrire degli specialisti bilingui che svolgono opera di mediazione tra il ricercatore e gli abitanti del luogo; altre volte è l’antropologo ad accorgersi che alcuni uomini sono autentiche miniere di notizie. Lo aveva capito anche Claude Levi-Strauss con un giovane bororo che parlava il portoghese e che gli spiegò tutti gli aspetti della vita sociale del suo popolo. La testimonianza dell’informatore, tuttavia, deve essere vagliata attentamente: può accadere che si tratti di una persona interessata a dare una certa immagine della propria cultura.
Per la raccolta dei dati Malinowski usava gli strumenti dell’epoca: carta, matita e macchina fotografica; per la loro elaborazione sintetica riteneva di grande utilità le tavole riassuntive sinottiche, nelle quali con un colpo d’occhio è possibile cogliere un quadro della situazione; ad esempio, le genealogie.
Malinowski enuncia l’obiettivo finale di ogni ricerca etnografica:
Afferrare il punto di vista dell’indigeno, il suo rapporto con la vita, rendersi conto della sua visione del suo mondo. Bisogna studiare l’uomo e ciò che lo riguarda più intimamente. In ogni cultura troviamo istituzioni diverse con costumi diversi, codici di leggi e di morale.
Quali sono i metodi di ricerca più usati in antropologia?
- Ci sono tre metodi di ricerca: L’osservazione, lo sguardo da lontano e l’osservazione partecipante. L’osservazione può essere:
Semplice:
L’antropologo utilizza i propri sensi senza ricorrere agli strumenti
Attrezzata:
L’antropologo si serve di una strumentazione che può comprendere macchina fotografica, videocamera, registratore vocale, strumenti di misura e rilevazione.
Esterna:
Il ricercatore si pone all’esterno o ai margini della popolazione studiata e si lascia avvicinare gradualmente dai suoi membri
Interna o partecipante:
Il ricercatore condivide la vita della popolazione studiata, cerca di entrare nella mentalità dei suoi membri e di assumere il loro punto di vista. L’osservazione partecipante ha un carattere “artigianale” e richiede doti particolari di immaginazione, intuizione e capacità di relazionarsi con gli altri.
Che cosa distingue l’osservazione partecipante da altri metodi?
- Il metodo di ricerca più diffuso tra gli antropologi è l’osservazione partecipante, che prevede un’immersione dello studioso nella società presa in esame.
In che cosa consiste lo “sguardo da lontano”? tipico nell’antropologia?
- L’antropologo deve adottare quello che è chiamato sguardo da lontano, con cui si allude al distanziamento psicologico che consente all’antropologo di cogliere il senso unitario e le connessioni interne della cultura presa in esame, mantenendo uno sguardo distaccato e obiettivo.
Quali sono, secondo Malinowski, i principi metodologici dell’etnografia?
- I principi metodologici dell’etnologia possono essere riuniti in 3 categorie principali:
1. Lo studioso deve avere un obiettivo scientifico ben preciso;
2. Deve individuare condizioni appropriate per il proprio lavoro;
3. Deve applicare metodi adeguati di raccolta, elaborazione e sintesi dei dati.
Quali suggerimenti offre Malinowski riguardo ai colloqui con gli informatori?
- Sui colloqui con gli informatori, che sono il secondo metodo di raccolta delle informazioni dopo l’osservazione diretta, Malinowski fa due raccomandazioni: imparare la lingua locale e adeguare le domande alla mentalità degli indigeni.
Durante i suoi soggiorni alle Trobriand, l’antropologo studiò vari aspetti della vita sociale degli isolani osservando direttamente e servendosi della collaborazione di informatori. Gli informatori sono persone molto importanti per la riuscita di un’indagine etnografica.
Nessun commento:
Posta un commento