martedì 22 marzo 2022

L’antropologo al lavoro

 La professione dell’antropologo comprende molte tematiche: l’osservazione delle malattie, l’analisi dei sistemi di parentela, la decifrazione di antiche scritture, la comparazione di miti e leggende, lo studio di scheletri di ominidi, l’interpretazione della magia e della stregoneria. L’antropologo fa propri gli interessi di tutte le altre scienze dell’uomo, riservando per sé una quota maggiore di libertà e coraggio.




Il lavoro dell’antropologo si basa su un lavoro etnografico sul terreno che costituisce la specificità operativa dell’antropologia. Nessun’altra disciplina contempla una presenza così durevole e costante del ricercatore sul campo a contatto con i nativi, su cui lo studio condivide la vita quotidiana e la mentalità. Le indagini di sociologia e psicologia sociale sono mediamente più rapide di un’indagine antropologica.

L’importanza del lavoro sul campo si connette direttamente al contesto: per gli antropologi gli elementi di una cultura possono essere adeguatamente compresi e correttamente valutati soltanto se vengono situati nel loro contest di appartenenza. Ne erano consapevoli già gli autori classici, in particolare Malinowski (1884 – 1942), che riteneva indispensabile afferrare il punto di vista dell’indigeno, per rendersi conto della sua visione del suo mondo.

 

La ricerca sul campo

La ricerca antropologica di solito comprende:

-       Una prima fase empirica e osservativa di lavoro sul campo

-       Una fase di interpretazione dei dati raccolti

-       Un’ultima fase di redazione di una monografia o di un articolo scientifico.

Nel corso dell’indagine sul campo l’antropologo utilizza metodi di tipo osservativo. 

L’osservazione può essere:

-       Semplice:

L’antropologo utilizza i propri sensi senza ricorrere agli strumenti 

-       Attrezzata:

L’antropologo si serve di una strumentazione che può comprendere macchina fotografica, videocamera, registratore vocale, strumenti di misura e rilevazione.

-       Esterna:

Il ricercatore si pone all’esterno o ai margini della popolazione studiata e si lascia avvicinare gradualmente dai suoi membri

-       Interna o partecipante:

Il ricercatore condivide la vita della popolazione studiata, cerca di entrare nella mentalità dei suoi membri e di assumere il loro punto di vista. L’osservazione partecipante ha un carattere “artigianale” e richiede doti particolari di immaginazione, intuizione e capacità di relazionarsi con gli altri.

L’indagine antropologica può svolgersi in molti scenari diversi: in un villaggio amazzonico, nella regione artica, nelle periferie. Non conta la distanza geografica, ma la distanza culturale tra l’osservatore e la realtà studiata. L’antropologo dovrebbe provare un senso di estraneità e di spaesamento simile a quello che proverebbe al primo contato con popolazioni di altri continenti.

L’antropologo deve adottare quello che è chiamato sguardo da lontano, con cui si allude al distanziamento psicologico che consente all’antropologo di cogliere il senso unitario e le connessioni interne della cultura presa in esame, mantenendo uno sguardo distaccato e obiettivo.

Il metodo di ricerca più diffuso tra gli antropologi è l’osservazione partecipante, che prevede un’immersione dello studioso nella società presa in esame. Essa fu codificata e proposta come metodo scientifico dall’antropologo britannico Bronislaw Malinowski.

 

Malinowski alle Trobriand: un modello di ricerca

Durante la Prima guerra mondiale Malinowski soggiornò a più riprese nelle isole Trobriand in Nuova Guinea, abitato de una popolazione di papuo-melanesiani.

La prima spedizione durò 7 mesi, la seconda e la terza 12 mesi ciascuna. Malinowski imparò la lingua locale e si dedicò all’osservazione della vita sociale degli indigeni in tutti i suoi aspetti. Nasce un’opera incentrata sulla descrizione del kula, un sistema di scambi circolari assai esteso tra isole e alcune località della terraferma. Nel kula erano scambiati collane e bracciali privi di utilità pratica, secondo regole di 

reciprocità, in quanto questo rituale non è primariamente un’attività economica, ma un’istituzione sociale, per mantenere rapporti e obblighi reciproci tra persone di società diverse.

 

Le caratteristiche del lavoro sul campo

Si avverte l’impegno da Malinowski per distinguere l’antropologo da missionari, mercanti, funzionari governativi. Nessun fisico o chimico, scrive Malinowski, si sognerebbe di condurre una ricerca senza fornire un resoconto dettagliato dei metodi seguiti, degli strumenti adoperati e delle condizioni in cui sono state condotte le osservazioni. Allo stesso modo, è opportuno che gli antropologi rendano esplicite le loro procedure e chiariscano le finalità delle loro ricerche. L’antropologo si deve avvicinare agli indigeni con il massimo rispetto per le loro usanze.

I principi metodologici dell’etnologia possono essere riuniti in 3 categorie principali:

1.    Lo studioso deve avere un obiettivo scientifico ben preciso;

2.    Deve individuare condizioni appropriate per il proprio lavoro;

3.    Deve applicare metodi adeguati di raccolta, elaborazione e sintesi dei dati.

L’obiettivo scientifico a cui fa riferimento Malinowski è l’analisi dell’organizzazione sociale degli indigeni; la condizione più appropriata è la vita a stretto contatto con gli indigeni.

Sui colloqui con gli informatori, che sono il secondo metodo di raccolta delle informazioni dopo l’osservazione diretta, Malinowski fa due raccomandazioni: imparare la lingua locale e adeguare le domande alla mentalità degli indigeni. 

Durante i suoi soggiorni alle Trobriand, l’antropologo studiò vari aspetti della vita sociale degli isolani osservando direttamente e servendosi della collaborazione di informatori. Gli informatori sono persone molto importanti per la riuscita di un’indagine etnografica. È il governo locale a offrire degli specialisti bilingui che svolgono opera di mediazione tra il ricercatore e gli abitanti del luogo; altre volte è l’antropologo ad accorgersi che alcuni uomini sono autentiche miniere di notizie. Lo aveva capito anche Claude Levi-Strauss con un giovane bororo che parlava il portoghese e che gli spiegò tutti gli aspetti della vita sociale del suo popolo. La testimonianza dell’informatore, tuttavia, deve essere vagliata attentamente: può accadere che si tratti di una persona interessata a dare una certa immagine della propria cultura.

Per la raccolta dei dati Malinowski usava gli strumenti dell’epoca: carta, matita e macchina fotografica; per la loro elaborazione sintetica riteneva di grande utilità le tavole riassuntive sinottiche, nelle quali con un colpo d’occhio è possibile cogliere un quadro della situazione; ad esempio, le genealogie.

Malinowski enuncia l’obiettivo finale di ogni ricerca etnografica:

Afferrare il punto di vista dell’indigeno, il suo rapporto con la vita, rendersi conto della sua visione del suo mondo. Bisogna studiare l’uomo e ciò che lo riguarda più intimamente. In ogni cultura troviamo istituzioni diverse con costumi diversi, codici di leggi e di morale. 

 

 

 

 

 


 

 

Quali sono i metodi di ricerca più usati in antropologia?

-       Ci sono tre metodi di ricerca: L’osservazione, lo sguardo da lontano e l’osservazione partecipante. L’osservazione può essere:

Semplice:

L’antropologo utilizza i propri sensi senza ricorrere agli strumenti 

Attrezzata:

L’antropologo si serve di una strumentazione che può comprendere macchina fotografica, videocamera, registratore vocale, strumenti di misura e rilevazione.

Esterna:

Il ricercatore si pone all’esterno o ai margini della popolazione studiata e si lascia avvicinare gradualmente dai suoi membri

Interna o partecipante:

Il ricercatore condivide la vita della popolazione studiata, cerca di entrare nella mentalità dei suoi membri e di assumere il loro punto di vista. L’osservazione partecipante ha un carattere “artigianale” e richiede doti particolari di immaginazione, intuizione e capacità di relazionarsi con gli altri.

 

Che cosa distingue l’osservazione partecipante da altri metodi?

-        Il metodo di ricerca più diffuso tra gli antropologi è l’osservazione partecipante, che prevede un’immersione dello studioso nella società presa in esame.

 

In che cosa consiste lo “sguardo da lontano”? tipico nell’antropologia?

-       L’antropologo deve adottare quello che è chiamato sguardo da lontano, con cui si allude al distanziamento psicologico che consente all’antropologo di cogliere il senso unitario e le connessioni interne della cultura presa in esame, mantenendo uno sguardo distaccato e obiettivo.

 

Quali sono, secondo Malinowski, i principi metodologici dell’etnografia?

-       I principi metodologici dell’etnologia possono essere riuniti in 3 categorie principali:

1.    Lo studioso deve avere un obiettivo scientifico ben preciso;

2.    Deve individuare condizioni appropriate per il proprio lavoro;

3.    Deve applicare metodi adeguati di raccolta, elaborazione e sintesi dei dati.

 

Quali suggerimenti offre Malinowski riguardo ai colloqui con gli informatori?

-       Sui colloqui con gli informatori, che sono il secondo metodo di raccolta delle informazioni dopo l’osservazione diretta, Malinowski fa due raccomandazioni: imparare la lingua locale e adeguare le domande alla mentalità degli indigeni.

Durante i suoi soggiorni alle Trobriand, l’antropologo studiò vari aspetti della vita sociale degli isolani osservando direttamente e servendosi della collaborazione di informatori. Gli informatori sono persone molto importanti per la riuscita di un’indagine etnografica.

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