martedì 3 maggio 2022

Stato moderno

Pag. 460

 L’attributo fondamentale dello Stato moderno è la sua sovranità: con il termine si indica un potere sommo, da cui derivano tutti i poteri inferiori e che non riconosce al di sopra di sé stesso nessun’altra autorità. I primi teorici della sovranità furono Jean Bodin (1529 – 1596) e Thomas Hobbes (1588 – 1679), che auspicarono la formazione di uno Stato forte e unitario.

Lo Stato assoluto

La prima forma istituzionale di Stato moderno è stata la monarchia assoluta, il cui esempio più significativo era il regno di Luigi XIV di Francia (1661 – 1715). Il tratto essenziale di questa forma di Stato è l’accentramento del potere nella figura del monarca. Thomas Hobbes ritiene che la legittimazione teorica dell’assolutismo costituisca la soluzione necessaria per uscire dalla condizione di guerra. Lo Stato assoluto è l’esito di un patto irrevocabile, con cui gli individui cedono una sola persona o istituzione la libertà totale di cui essi godono per natura, ricevendone in cambio pace e sicurezza.

 

La monarchia costituzionale

La monarchia costituzionale, le cui origini sono inglesi e che risalgono al regno di Guglielmo III d’Orange e della moglie Maria, si basa sul liberalismo politico. Si fonda sul riconoscimento a tutti i cittadini dei diritti civili, ovvero quei diritti che definiscono uno spazio in cui il cittadino può agire liberamente. Il liberalismo ritiene necessaria un’equilibrata distribuzione dei tre poteri fondamentali (legislativo, esecutivo e giudiziario), che nello Stato assoluto sono incentrati nelle mani di un singolo uomo.

I diversi poteri vanno pertanto affidati a organi reciprocamente indipendenti, secondo il principio della separazione dei poteri, che costituisce un requisito classico sia del liberalismo sia delle odierne democrazie.

 

La democrazia liberale

La democrazia liberale è la forma odierna del cosiddetto “Stato rappresentativo”, in cui i singoli individui sono considerati uguali di fronte alla legge. Gli Stati rappresentativi ereditano dalla tradizione liberale il principio della separazione dei poteri e l’attenzione ai diritti civili dei singoli, perché assumono il principio della sovranità popolare. Tra i diritti politici si trova la libertà di tutti i cittadini di partecipare attivamente alla vita della nazione.

 

L’espansione dello stato

Con l’espressione “società civile” si indica tutto ciò che non è Stato o governo politico: in pratica, il mondo del lavoro e delle associazioni, i cui membri sono collegati tra loro da una condivisione di interessi e da relazioni paritarie e volontarie. Gli antichi greci indicavano infatti l’intero ambito delle relazioni pubbliche con il nome stesso della città-Stato, pòlis. La distinzione fondamentale nella Grecia classica era piuttosto quella tra polis e la famiglia, ovvero la sfera delle questioni di interesse comune, da dibattere nell’agorà, nelle assemblee politiche o nei tribunali, e la sfera delle questioni personali, private, da risolvere nello spazio racchiuso e addirittura nascosto dalle mura domestiche.

 

Lo Stato totalitario

Il Novecento ha conosciuto un esempio particolarmente significativo del processo di espansione dello Stato: si tratta dello Stato totalitario. Il totalitarismo si afferma nella prima metà del Novecento, regolando la vita dei cittadini e imponendo norme di civile convivenza. Lo Stato totalitario considera i singoli individui come meri elementi dell’organismo statale. Gli storici individuano le esemplificazioni più compiute del totalitarismo nello stalinismo sovietico, nel fascismo italiano e nell’arare i campi tedesco, tutti affermatisi nel periodo compreso tra le due guerre mondiali, cioè un’epoca contraddistinta da una profonda crisi dello Stato tradizionale e da una conseguente involuzione in senso autoritario.


Il totalitarismo presenta alcuni tratti che impongono la distinzione dalle dittature. La sua caratteristica più importante è il completo e assoluto assorbimento della società civile da parte dello Stato.

 

Il totalitarismo secondo Hannah Arendt

Nell’opera “Le origini del totalitarismo”, Hannah Arendt individua i seguenti tratti distintivi dei regimi totalitari:

-       La presenza i un capo che svolge il ruolo di guida carismatica delle masse e che, come tale, è insostituibile; la sua dinamica volontà è legge suprema.

-       L’assolutezza della leadership, ovvero un individuo che guida un gruppo di persone al suo stesso livello, ma deve essere superiore senza alcun vincolo.

-       L’appoggio delle masse e fanatismo

-       Il controllo di ogni aspetto della vita degli individui

-       Una nuova distorta concezione della realtà

-       La propaganda

-       Il ricorso al terrore

-       Il riferimento continuo a un’ideologia per la quali il regime totalitario è mero strumento di attuazione di un processo ineluttabile, simile alla selezione naturale.

 

Deportazione e concentramento nei regimi totalitari

Una costante dei totalitarismi è il ricorso ai campi di concentramento. Con l’espressione si indica una struttura carceraria perlopiù costruita all’aperto composta di grandi baracche e recintata con alti reticolati di filo spinato. Nota anche come deportazione, termine che allude ad un allontanamento forzato, pratica già nota nella Russia zarista.
Nei campi di concentramento sovietici noti come “gulag” i prigionieri erano sfruttati, ma si riusciva a uscirne ancora vivi, in quanto non erano organizzati come “fabbriche di morte”.

Nei campi di sterminio nazisti, indicati come “campi di sterminio”, i prigionieri non solo venivano ridotti in schiavitù, ma attendevano senza speranza di essere “soppressi”, il che alimentò il terrore di massa.

 

 

 

 

Quando nasce lo Stato moderno e qual è la sua principale caratteristica?

-       L’attributo fondamentale dello Stato moderno è la sua sovranità: con il termine si indica un potere sommo, da cui derivano tutti i poteri inferiori e che non riconosce al di sopra di sé stesso nessun’altra autorità.

I primi teorici della sovranità furono Jean Bodin (1529 – 1596) e Thomas Hobbes (1588 – 1679), che auspicarono la formazione di uno Stato forte e unitario.

 

In che cosa consistono i diritti civili e quando si affermano?

-       Si fonda sul riconoscimento a tutti i cittadini dei diritti civili, ovvero quei diritti che definiscono uno spazio in cui il cittadino può agire liberamente. Il liberalismo ritiene necessaria un’equilibrata distribuzione dei tre poteri fondamentali (legislativo, esecutivo e giudiziario), che nello Stato assoluto sono incentrati nelle mani di un singolo uomo.

I diversi poteri vanno pertanto affidati a organi reciprocamente indipendenti, secondo il principio della separazione dei poteri, che costituisce un requisito classico sia del liberalismo sia delle odierne democrazie.

Rientra anche il principio della sovranità popolare. Tra i diritti politici si trova la libertà di tutti i cittadini di partecipare attivamente alla vita della nazione.

 

Che cosa sono lo Stato rappresentativo e la società civile?

-       La democrazia liberale è la forma odierna del cosiddetto “Stato rappresentativo”, in cui i singoli individui sono considerati uguali di fronte alla legge. Gli Stati rappresentativi ereditano dalla tradizione liberale il principio della separazione dei poteri e l’attenzione ai diritti civili dei singoli, perché assumono il principio della sovranità popolare. Tra i diritti politici si trova la libertà di tutti i cittadini di partecipare attivamente alla vita della nazione.

-       Con l’espressione “società civile” si indica tutto ciò che non è Stato o governo politico: in pratica, il mondo del lavoro e delle associazioni, i cui membri sono collegati tra loro da una condivisione di interessi e da relazioni paritarie e volontarie.

 

Qual è la maggiore differenza fra totalitarismo e dittatura?

-       Il totalitarismo presenta alcuni tratti che impongono la distinzione dalle dittature. La sua caratteristica più importante è il completo e assoluto assorbimento della società civile da parte dello Stato.

 

Secondo Arendt, quali sono i tratti distintivi del totalitarismo?

-       Nell'opera "Le origini del totalitarismo", Hannah Arendt individua i seguenti tratti distintivi dei regimi totalitari:

o   La presenza i un capo che svolge il ruolo di guida carismatica delle masse e che, come tale, è insostituibile; la sua dinamica volontà è legge suprema.

o   L'assolutezza della leadership, ovvero un individuo che guida un gruppo di persone al suo stesso livello, ma deve essere superiore senza alcun vincolo.

o   L'appoggio delle masse e fanatismo

o   Il controllo di ogni aspetto della vita degli individui

o   Una nuova distorta concezione della realtà

o   La propaganda

o   Il ricorso al terrore

o   Il riferimento continuo a un'ideologia per la quali il regime totalitario è mero strumento di attuazione di un processo ineluttabile, simile alla selezione naturale.

Politica

Pag. 456

 

Il Potere

Con il termine potere si intende la capacità di ottenere degli effetti, di produrre dei cambiamenti o di esercitare un’influenza. Il potere coincide con la capacità di modificare il comportamento di altri singoli o di altri gruppi.

-       In primo luogo, un concetto che fa riferimento a una relazione tra due singoli, tra due gruppi o tra un singolo e un gruppo.

-       In secondo luogo, quello di potere è un concetto bifronte, perché si può riferire sia a un comando impartito da un uomo a un altro uomo, sia a una progressiva acquisizione della capacità di fare o agire. Sia a un comando, sia a un “poter fare”, “essere in grado di”. Lo sviluppo fisico e psicologico del bambino si basa infatti sull’esperienza, prima in famiglia e poi a scuola.

 

La pervasività del potere

Michael Faucault (1926 – 1984), conia il termine pervasività, con il quale si intende richiamare il fatto che il potere è diffuso in tutti i rapporti e in tutte le pratiche sociali.

Esiste secondo lui una dimensione “macro” del potere, rappresentata dalla sua concentrazione negli organi dello Stato preposti a legiferare e governare. Esiste anche una dimensione “micro”, cioè la rappresentazione del potere come forza impersonale e anonima che è presente ovunque, negli ambienti di lavoro, nelle istituzioni educative. Non è un’analisi del “Potere” inteso come insieme di istituzioni che garantiscono la sottomissione dei cittadini dall’autorità dello stato, ma del “potere” inteso come insieme di rapporti di forza che strutturano la società. La microfisica del potere non ignora l’importanza dello Stato, infatti sostiene che questo non ricopre tutto il campo reale dei rapporti, di potere che strutturano la società. In altre parole, è il potere a plasmare la società, e non lo Stato. Il potere nella sua pervasiva dimensione “micro”, non è mai repressivo, ma agisce come organizzazione della vita sociale in chiave positiva.

 

Potere e Stato nell’analisi di Weber

Secondo Weber, la sociologia politica, di cui Weber è primario esponente, affronta tali questioni in chiave concreta e descrittiva. Il punto di vista giuridico del potere in astratto deve essere rigorosamente distinto dal punto di vista sociologico, volto invece ad analizzarne la validità empirica, cioè a verificare caso per caso il concreto funzionamento delle relazioni politiche. È essenziale prendere atto del fatto che i modi in cui il potere viene esercitato mutano nello spazio e nel tempo. 

Weber distingue il potere legittimo tipico di uno stato, della pura e semplice forza, come quella esercitata da un malvivente che ottiene l’obbedienza altrui con a minaccia delle armi. Se è legittimo, il potere di norma non ha bisogno di ricorrere alla forza; se è illegittimo richiede l’esercizio costante della forza bruta.

La distinzione proposta da Weber risulta fondata sul diverso tipo di obbedienza ottenuta: continuativa e spontanea in un caso, discontinuativa e coatta nell’altro. La teoria non deve tener conto delle giustificazioni adottate da chi detiene il potere, ma deve considerare solo il modo in cui di fatto “funziona” il suo comando.

Il potere legittimo può secondo Weber essere distinto in 3 tipi “puri” o “ideali”:

-       Il potere tradizionale

-       Il potere legale-razionale

-       Il potere carismatico

In quanto idealtipi, queste forme di potere non descrivono casi particolari, ma sono schemi concettuali che svolgono una funzione “euristica”, cioè permettono di scoprire nei casi concreti alcune caratteristiche che normalmente sfuggirebbero all’osservazione.

Nelle forme di potere tradizionale nel rispetto della tradizione e nella reverenza verso la persona del signore.

Nelle forme di potere legale-razionale l’obbedienza è motivata dalla credenza nella razionalità del comportamento conforme alla legge, considerata un insieme di norme generali e astratte. Il rapporto di obbedienza si spersonalizza e l’impersonalità diventa la caratteristica principale nell’organizzazione del potere.

L’idealtipo del potere legale-razionale evidenzia una tendenza tipica dello Stato burocratico.

Nelle forme di potere carismatico l’obbedienza è motivata dalla credenza nelle doti straordinarie del capo. Il termine “carisma” indica una dote spiegabile solo attraverso un rapporto privilegiato dell’individuo che ne è depositario con la divinità; vocazione o chiamata interiore.

 

 

 

Perché quello di potere è un concetto bifronte?

-       Il potere è un concetto bifronte, perché si può riferire sia a un comando impartito da un uomo a un altro uomo, sia a una progressiva acquisizione della capacità di fare o agire. Sia a un comando, sia a un “poter fare”, “essere in grado di”.

 

A che cosa si allude parlando di “pervasività” del potere?

-       Con il termine pervasività si intende richiamare il fatto che il potere è diffuso in tutti i rapporti e in tutte le pratiche sociali.

Esiste secondo lui una dimensione “macro” del potere, rappresentata dalla sua concentrazione negli organi dello Stato preposti a legiferare e governare. Esiste anche una dimensione “micro”, cioè la rappresentazione del potere come forza impersonale e anonima che è presente ovunque, negli ambienti di lavoro, nelle istituzioni educative.

 

In che senso Weber distingue tra potere legittimo ed esercizio della forza?

-       Weber distingue il potere legittimo tipico di uno stato, della pura e semplice forza, come quella esercitata da un malvivente che ottiene l’obbedienza altrui con a minaccia delle armi. Se è legittimo, il potere di norma non ha bisogno di ricorrere alla forza; se è illegittimo richiede l’esercizio costante della forza bruta.

 

Secondo Weber, quali sono gli idealtipi del potere legittimo?

-       In quanto idealtipi, queste forme di potere non descrivono casi particolari, ma sono schemi concettuali che svolgono una funzione "euristica", cioè permettono di scoprire nei casi concreti alcune caratteristiche che normalmente non sfuggirebbero all'osservazione.

Nelle forme di potere tradizionale nel rispetto della tradizione e nella reverenza verso la persona del signore.

Nelle forme di potere legale-razionale l'obbedienza è motivata dalla credenza nella razionalità del comportamento conforme alla legge, considerata un insieme di norme generali e astratte.

Nelle forme di potere carismatico l'obbedienza è motivata dalla credenza nelle doti straordinarie del capo. 

lunedì 11 aprile 2022

Gli imprevisti della ricerca sociologica


Pag. 637

 

Ogni indagine sociologica richiede un’attività complessa. È quindi importante che il ricercatore sia consapevole fin dall’inizio della possibilità che si verifichino, già nelle prime fasi della ricerca, situazioni impreviste e perturbanti. Un esempio classico potrebbe essere l’effetto Hawthorne e la serendipity.

 

Effetto Hawthorne

L’espressione effetto Hawthorne deriva da un’azienda produttrice di telefoni situata a Chicago, all’interno della quale Elton Mayo condusse a partire dal 1927 delle ricerche sull’organizzazione del lavoro. Nelle prime indagini Mayo e collaboratori si proposero di verificare l’influenza di alcune condizioni materiali sulla produttività di un gruppo di operaie: una classica rilevazione del variare delle risposte al variare degli stimoli. La produttività aumentava sia nel gruppo di prova sia in quello di controllo e indipendente dal variare delle condizioni materiali di lavoro. Poiché l’unico stimolo esterno comune ai due gruppi era la presenza dei ricercatori impegnati a rilevare gli effetti delle variabili introdotte, si comprese che essere oggetto di osservazione aveva prodotto degli effetti imprevisti di responsabilizzazione, coesione ed efficienza.

L’effetto Hawthorne rivelò la presenza di un feedback (retroazione) tra gli osservatori e osservati.  Fu confermata l’esistenza di un effetto ricercatore, conosciuto anche dagli scienziati della natura, secondo il quale la presenza di un soggetto che controlla, misura, verifica può modificare sensibilmente lo svolgimento di un’indagine scientifica influendo sui risultati.

 

Serendipity

Horace Walpole nel 1754 coniò la parola serendipity, la quale significa “possibilità di fare piacevoli scoperte per puro caso”. Il concetto fu caro al grande sociologo 

statunitense Robert Merton (1910 – 2003), che vi deditò quarant’anni di ricerche e studi. Secondo Merton, infatti, la ricerca empirica non ha solo il compito passivo di controllare e verificare ipotesi, ma può anche dare origine a nuove ipotesi “in corso d’opera”. Esiste una componente della serendipity, cioè la possibilità di scoprire delle novità alle quali non si pensava affatto. A tale proposito occorre che li ricercatore sappia cogliere la rilevanza di dati anomali e imprevisti che gli si presentano davanti, dai quali si può sviluppare una nuova teoria.

Come esempio di serendipity nella ricerca sociale, Merton riferisce un episodio accaduto durante un’indagine da lui condotta a Craftown, una comunità suburbana di circa 700 famiglie. A Craftown c’era un elevato grado di partecipazione alla vita sociale, con intesa frequentazione di associazioni e gruppi.

Le famiglie con i loro bambini piccoli che di solito escono poco di casa. I genitori interpellati spiegarono che potevano uscire tranquillamente perché a Craftown era molto facile trovare degli adolescenti che badassero ai loro bambini. Era una spiegazione ragionevole, ma non corrispondente alla realtà.

Nuove interviste con gli abitanti permisero di capire che la facilità di trovare ragazzi in grado di badare ai bimbi piccoli non dipendeva dal numero complessivo di adolescenti, ma dal numero di adolescenti ben conosciuti e fidati. L’errore di valutazione numerica, compiuto da quei genitori che avevano detto agli intervistatori quanto fosse facile a Craftown trovare giovani baby-sitter, dipendeva dal senso di fiducia reciproca e di coesione so sciale diffuso in quella piccola comunità. La scoperta casuale e inattesa alimentò la teoria secondo la quale la percezione sociale non è neutra, ma è il prodotto di uno schema sociale interiorizzato.

 

 

 

 

Che cosa sono l’effetto Hawthorne e l’effetti ricercatore?

-       L’effetto Hawthorne rivelò la presenza di un feedback (retroazione) tra gli osservatori e osservati.  Fu confermata l’esistenza di un effetto ricercatore, conosciuto anche dagli scienziati della natura, secondo il quale la presenza di un soggetto che controlla, misura, verifica può modificare sensibilmente lo svolgimento di un’indagine scientifica influendo sui risultati.

 

Come può essere definita la serendipity?

-       Significa “possibilità di fare piacevoli scoperte per puro caso”.

A tale proposito occorre che li ricercatore sappia cogliere la rilevanza di dati anomali e imprevisti che gli si presentano davanti, dai quali si può sviluppare una nuova teoria.

 

A chi si deve e in che cosa consiste il concetto di “profezia che si autoadempie”?

-       La profezia che is autoadempie è un concetto sviluppato da Merton. Se gli uomoni definiscono certe situazioni come reali, esse diventano reali nelle loro conseguenze. Ciò significa che, se gli uoomini attribuiscono valore di verità a un pregiudizio, comportandosi di conseguenza contribuirano a produrre degli effetti che confermeranno quel pregiudizio.

 

Come si può definire la social desirability?

-       La desiderabilità sociale è la tendenza delle persone a presentarsi in modo generalmente favorevole. In particolare, nel campo della valutazione della personalità e degli atteggiamenti, il tema dell'auspicabilità sociale è stato e rimane la fonte di argomenti di lunga data e talvolta acrimoniosi.

domenica 3 aprile 2022

Gli strumenti di indagine del sociologo

Pag. 629


Metodi qualitativi e quantitativi

I metodi utilizzati nella sociale sono stati classificati in vari modi tenendo conto di alcune caratteristiche.

I metodi qualitativi producono resoconti, analisi approfondite, descrizioni e valutazioni della realtà sociale in cui la quantificazione numerica è modesta; è centrale la preoccupazione di capire come e perché si verificano certi fenomeni sociali. Vi appartengono l’osservazione partecipante, l’intervista libera non strutturata, la trascrizione di fonti orali, le storie di vita.

I metodi quantitativi si interessano maggiormente del “quanto e quante volte” e danno luogo a misurazioni dei fenomeni sociali sotto forma di tabelle e statistiche numeriche o di rappresentazioni grafiche come un’intervista e il questionario strutturati.

I metodi qualitativi consentono un’approfondita conoscenza di pochi casi esemplari, la cui esplorazione comporta tempo, pazienza e notevoli risorse economiche adeguati a un’indagine di carattere intensivo, che richiede la presenza del ricercatore sul campo.

I metodi quantitativi permettono un veloce screening di ampie quote di popolazione; i loro pregi sono la velocità di esecuzione e il costo contenuto, e la loro collocazione ideale è un’indagine di tipo estensivo.

Una ricerca di ampie porzioni, con finanziamenti sicuri e senza limiti di tempo troppo stretti, potrebbe avvalersi di entrambi gli approcci: in un primo momento di quello qualitativo per sondare preliminarmente il contesto sociale prescelto; successivamente potrebbe utilizzare interviste e questionari strutturati per raccogliere in modo sistematico i dati sull’entità e le caratteristiche del fenomeno preso in esame e per effettuare sondaggi d’opinione.

Elton Mayo (1880 – 1949) e l’indagine sull’antisemitismo del filosofo e sociologo tedesco Theodor Adorno (1903 – 1969), l’imperniata sulla misurazione degli atteggiamenti dei cittadini statunitensi verso gli ebrei. Si tratta di indagini standardizzate, ovvero caratterizzate da uniformità di procedura nella somministrazione di stimoli e domande ai soggetti della ricerca.

Il terreno di elezione della ricerca qualitativa è l’antropologia; il metodo qualitativo più conosciuto e usato è l’osservazione partecipante, in cui il ricercatore si mescola ai soggetti osservati e ne condivide le abitudini di vita.

Anche in sociologia, però troviamo autori e correnti che hanno prediletto l’indagine intensiva e approfondita su pochi soggetti seguiti per un periodo di tempo abbastanza lungo.

Ad esempio, nella ricerca del sociologo statunitense Howard Becker (1928) sulla vita dei musicisti che si esibiscono nelle sale da ballo: Becker, egli stesso musicista, condivise orari e abitudini.

 

I diversi tipi di osservazione

L’”osservazione” è il metodo più indicato per registrare le varie manifestazioni del comportamento non verbale.

Il metodo dell’osservazione partecipante è stato codificato dalla ricerca antropologica del Novecento da Malinowski, Boas, Mead, Levi-Strauss, i quali trascorsero lunghi periodi di tempo presso le popolazioni di cui poi descrissero la cultura, condividendone usi e costumi.

L’osservazione non partecipante può essere condotta sul campo, ossia nelle condizioni abituali di vita e lavoro dei soggetti osservati, oppure nella situazione artificiale del laboratorio. La rilevazione delle interazioni sociali in un gruppo-classe, svolta da psicologi scolastici o dagli stessi insegnanti; un esempio del secondo tipo sono le osservazioni sulle dinamiche nei piccoli gruppi condotte su soggetti volontari in laboratori provvisti di specchi unidirezionali e di strumenti di registrazione.

I metodi osservativi presentano numerosi svantaggi: l’osservazione partecipante consente uno studio dettagliato, approfondito e protratto nel tempo e non introduce modificazioni nella situazione osservata; l’osservazione non partecipante condotta in laboratorio consente di tenere sotto controllo le variabili prescelte.

I limiti delle indagini osservative sono: l’impossibilità di stabilire dei rapporti di causa-effetto tra due variabili, le dimensioni generalmente modeste del campione preso in esame e la difficoltà di ottenere una completa quantificazione dei dati; l’osservazione partecipante e gli studi longitudinali sono impegnativi e dispendiosi.

 

Gli strumenti dell’inchiesta: il questionario e l’intervista

Si definisce survey l’inchiesta di medio raggio, che serve per conoscere comportamenti e opinioni di ampie quote di popolazione. Gli strumenti di indagine più frequentemente utilizzati nell’inchiesta sono il questionario e l’intervista strutturati. Si compongono di una lista di domande: il questionario può essere recapitato proposta e compilato senza bisogno di assistenza, mentre l’intervista richiede sempre ola presenza dell’intervistatore.

Il questionario è una lista di domande strutturate o aperte alle quali il soggetto deve rispondere con la garanzia dell’anonimato. Le domande devono essere brevi, chiare, semplici, prive di ambiguità e non tendenziose. Anche la grafica è importante. Il questionario è lo strumento di indagine più indicato per raccogliere velocemente una grande quantità di dati sulle abitudini e le opinioni dei cittadini, offre di elaborare statisticamente le domande strutturate. Il limite di questo metodo è l’assenza di flessibilità: il questionario, infatti, pone a tutti gli interpellati le stesse domande e non consente nessun tipo di approfondimento.

L’intervista è uno strumento più duttile e flessibile del questionario. Esistono forme intermedie di strutturazione che danno una certa “libertà di manovra”. L’intervistatore può essere direttivo o non direttivo; nel primo caso conduce il gioco, pretende risposte precise e lascia poca libertà all’intervistato; nel secondo si limita a stimolare l’interlocutore e cerca di metterlo a suo agio per farlo parlare liberamente. L’intervista ha tempi di attuazione piuttosto lenti e la sua riuscita è legata alla competenza e all’esperienza dell’intervistatore.

La tecnica non direttiva indicata nella raccolta di quegli ampi e dettagliati resoconti di vicende biografiche individuali che prendono il nome di storie di vita. Si tratta di narrazioni esemplari che tratteggiano e illuminano condizioni di vita di grande interesse sociologico, e interessano soprattutto chi ritiene che in sociologia la singola testimonianza diretta sia insostituibile per la ricchezza di informazioni e le possibilità di approfondimento che offre.

Tecnicamente la storia di vita si presenta come la registrazione fedele di un resoconto orale.

Rigoberta Menchù, donna guatemalteca premio Nobel per la pace nel 1992, lotta per i diritti del popolo indio discendente dai Maya. Raccontò alla studiosa francese Elisabeth Burgos la storia della sua vita.


L’analisi dei documenti

In sociologia si definisce documento ogni testimonianza registrata su rapporti di vario tipo allo scopo di trasmettere e conservare informazioni. Il documento possiede quindi un’intenzionalità che non tutte le testimonianze hanno: un manufatto in legno è sicuramente una testimonianza, ma non si può definire documento perché non è stato creato per trasmettere informazioni.

Un’utile classificazione dei documenti li distingue in:

-       Personali: lettere, diari, filmati per uso privato, fotografie

-       Pubblici: verbali di riunioni, pagelle e registri scolastici, leggi, regolamenti, sentenze, materiale d’archivio, programmi radio-televisivi, stampa periodica

-       Statistici: pubblicazioni curate da enti specializzati come l’ISTAT, o il CENSIS

-       Scientifici: studi e resoconti di ricerche già svolte nell’ambito delle scienze sociali.

Nella storia della sociologia le prime ricerche empiriche sono state condotte su documenti. Gli esempi più famosi sono l’indagine sul suicidio di Durkheim e la ricerca sulle condizioni di vita e la mentalità degli immigrati polacchi negli Stati Uniti di Thomas e Znaniecki. Durkheim utilizzò studi precedenti e documenti tratti dagli archivi del Ministero della giustizia, mentre Thomas e Znaniecki utilizzarono materiale privato, come lettere degli immigrati ai parenti rimasti in Polonia.

Per “far parlare” i documenti e ricavarne le informazioni che interessano si possono usare tecniche qualitative o quantitative: le prime portano a descrizioni, valutazioni, ricostruzioni di abitudini e mentalità, mentre le seconde servono per ricavare dati numerici, elenchi e misure. Di queste ultime è un esempio l’analisi del contenuto; attraverso una serie di sofisticate procedure si arriva a una mappatura del campione preso in esame, che rivela quante volte, in che modo e per quali scopi il contenuto che interessa è presente nell’unità di analisi prescelta.

Il vantaggio dell’esame di documenti è la sua praticità: si tratta di una tecnica che permette al ricercatore di risparmiare tutto il lavoro di produzione dei dati mediante osservazioni, interviste, questionari e altri metodi, perché li offre già pronti.

Lo svantaggio è che far parlare i documenti non è semplice e si ha spesso l’impressione di non cogliere la situazione sociale nella sua immediatezza. Un altro limite è l’inevitabile parzialità dei documenti stessi. I documenti scritti privati ci parlano soltanto di coloro che sapevano leggere e scrivere, quindi delle classi privilegiate. La storia delle classi popolari va invece ricostruita attraverso altri tipi di testimonianze.

 

 

 

 

Quanti tipi di osservazione esistono in sociologia?

-       L’osservazione è il metodo più indicato per registrare le varie manifestazioni del comportamento non verbale.

-       Il metodo dell’osservazione partecipante è stato codificato dalla ricerca antropologica del Novecento da Malinowski, Boas, Mead, Levi-Strauss, i quali trascorsero lunghi periodi di tempo presso le popolazioni di cui poi descrissero la cultura, condividendone usi e costumi. 

-       L’osservazione non partecipante può essere condotta sul campo, ossia nelle condizioni abituali di vita e lavoro dei soggetti osservati, oppure nella situazione artificiale del laboratorio. La rilevazione delle interazioni sociali in un gruppo-classe, svolta da psicologi scolastici o dagli stessi insegnanti; un esempio del secondo tipo sono le osservazioni sulle dinamiche nei piccoli gruppi condotte su soggetti volontari in laboratori provvisti di specchi unidirezionali e di strumenti di registrazione.

 

Quali sono gli strumenti dell’inchiesta e in che cosa consistono?

-       Si definisce survey l’inchiesta di medio raggio, che serve per conoscere comportamenti e opinioni di ampie quote di popolazione. Gli strumenti di indagine più frequentemente utilizzati nell’inchiesta sono il questionario e l’intervista strutturati. Si compongono di una lista di domande: il questionario può essere recapitato proposta e compilato senza bisogno di assistenza, mentre l’intervista richiede sempre ola presenza dell’intervistatore.

 

Che cosa sono le storie di vita?

-       La tecnica non direttiva indicata nella raccolta di quegli ampi e dettagliati resoconti di vicende biografiche individuali che prendono il nome di storie di vita. Si tratta di narrazioni esemplari che tratteggiano e illuminano condizioni di vita di grande interesse sociologico, e interessano soprattutto chi ritiene che in sociologia la singola testimonianza diretta sia insostituibile per la ricchezza di informazioni e le possibilità di approfondimento che offre.

Tecnicamente la storia di vita si presenta come la registrazione fedele di un resoconto orale.

 

Come si classificano i documenti?

-       Un'utile classificazione dei documenti li distingue in:

o   Personali: lettere, diari, filmati per uso privato, fotografie

o   Pubblici: verbali di riunioni, pagelle e registri scolastici, leggi, regolamenti, sentenze, materiale d'archivio, programmi radio-televisivi, stampa periodica

o   Statistici: pubblicazioni curate da enti specializzati come l'ISTAT, o il CENSIS

o   Scientifici: studi e resoconti di ricerche già svolte nell'ambito delle scienze sociali.

Stato moderno

Pag. 460   L’attributo fondamentale dello Stato moderno è la sua sovranità: con il termine si indica un potere sommo, da cui derivano tutti ...